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Cari cuorEducati, oggi parlo di un argomento molto serio e molto importante per me: il senso di solitudine. La solitudine nella mia vita ha avuto un ruolo davvero molto forte perché, pur avendo avuto una famiglia accanto che mi vuole e mi ha sempre voluto bene, ne ho sempre provato il grande gusto amaro. Non so esattamente come sia cominciato tutto questo vuoto che ho provato dentro, né il momento preciso in cui la mia vita sia stata segnata così profondamente da regalarmi questo che a volte scherzando io chiamo “il mio sesto senso”, quello che so è che ha condizionato molto e a volte condiziona ancora la mia vita. Mi sono sentita sempre come ci si sente nel bel mezzo di una festa a cui non sei stato invitato.
Credo che io abbia collegato il mio sentirmi sola ad un non sentirmi compresa quasi da nessuno. Mi sono sempre sentita diversa dalla maggior parte delle persone e sia da piccoli, che da adolescenti non è semplice. Posso affermare che l’unica persona che NON mi ha mai fatta sentire incompresa, almeno fino all’età dei 22 anni, sia mia madre. E’stata per anni la mia confidente, il mio più grande punto di riferimento certo. Questo mi ha dato molta forza di carattere e la capacità di affrontare molte situazioni difficili, anche senza di lei, e senza nessun altro. Poi ad un certo punto il nostro rapporto si è incrinato e il mio mondo ha cominciato ad andare in pezzi. Voglio precisare che NON è stata colpa di mia madre se il nostro rapporto si sia incrinato, e che nemmeno sia stata colpa mia, ma a volte accadono delle cose, per fattori esterni, meccanismi che si inceppano purtroppo e ti ritrovi senza l’ombra di un’anima di cui ti fidi e che possa capire cosa tu possa provare in certi momenti. Ed inoltre voglio aggiungere che attualmente abbiamo recuperato quei momenti di distanza.
A scuola, pur essendo una bambina molto socievole e ben disposta, non sono riuscita a creare rapporti veri. Credo sia accaduto per diversi motivi. Il primo, alle scuole medie, periodo in cui si iniziano ad intessere amicizie un po’ più consapevoli e non legate solo al gioco, risiede nel fatto che io fossi molto brava, molto promettente rispetto alla media dei miei compagni. Questo creava un grande dislivello tra noi, e purtroppo ero continuamente bullizzata da molti di loro. All’epoca non si parlava di bullismo, era quasi normale che la secchiona della classe venisse tormentata. Grazie al cielo sono state forme verbali di bullismo e minacce mai concretizzate in veri gesti di vario genere, parole pesanti su me e la mia famiglia, il mio aspetto, telefonate anonime eccetera. Io non avevo il coraggio di confidarmi con qualche professore e non esisteva né la preparazione né la coscienza di ciò che stavo vivendo. Ho sofferto molto per questa situazione e non avevo un’amica/o e, chi faceva finta di esserlo mi ha fatto più male degli altri.
Alle scuole superiori peggio ancora. Un ambiente molto strano per me, dove esistevano e si facevano in modo chiaro molte differenze tra i ragazzi, per quanto il tuo papà avesse in banca e quanto il tuo rendimento scolastico potesse magari compensare quello che mancava nel conto in banca suddetto. In più il mio carattere ribelle, la mia ostinazione giovanile nello sbattere in faccia a tutti le mie verità, contro ogni forma di ingiustizia, non hanno aiutato.
Nel campo sentimentale sono esistite delusioni molto forti sin da giovanissima. Il mio primo fidanzatino, a 16 anni, un po’ bugiardo ed anche traditore. Certamente l’età fece il proprio gioco, ma io che ero una ragazzina con certi valori e già da allora speravo di trovare il mio “grande amore”, ci restai molto male per alcune questioni e parole dette da lui.
Tante altre brutte esperienze, due molto importanti che prendono il decennio che va dai miei 20 ai 30 anni, hanno creato in me fratture molto forti: nel mio cuore iniziò a formarsi la convinzione che io fossi una persona sola e destinata a rimanere tale. Mi sono chiusa in un mondo tutto mio e le persone che speravo mi potessero star accanto, non lo hanno fatto o comunque in un modo non conforme alle mie aspettative. “I fantomatici amici”, ti fanno il vuoto intorno quando “BUTTA MALE”. Ultimamente poi ho capito che ciò accade anche quando “BUTTA MOLTO BENE”.
Non ha giovato avere una figura paterna un po’ complessa: una persona, un papà molto ansioso, spaventato dal mondo, che aveva la pretesa di farmi studiare, evolvere, ma senza che ciò comportasse un giorno, il fatto che io potessi scegliere di mettere in discussione il suo modo di fare e di pensare. Mio padre mi ama molto, sempre è stato così, e sono convinta che qualsiasi suo modo di fare che mi abbia fatta sentire inadeguata non sia stato frutto di una scelta. Ho la fortuna di aver deciso di percorrere una strada che mi ha concesso di capire che un genitore altro non è che una persona come tutte le altre, con le sue contraddizioni, le sue illogicità, i suoi problemi e imperfezioni e questo è il motivo per il quale ho una relazione abbastanza equilibrata con i miei.
Tutto ciò potrebbe essere il motivo di questo grande senso di solitudine che mi porto dentro da sempre, anche in mezzo ad un gruppo di persone, anche a volte in famiglia, e che mi fa reclamare in modo molto arrabbiato quando le persone a cui voglio bene spariscono o si assentano per un po’. Io proprio non riesco a mandarlo giù. La solitudine è questo: una ferita che brucia, un dolore costante che bussa al tuo petto anche se solo la senti arrivare da lontano.
La situazione è radicalmente cambiata da quando sono mamma. Mia figlia è nata per un desiderio di vita, NON per compensare alcun tipo di vuoto, ma sta di fatto, che ha riempito ogni angolo della mia esistenza e del mio cuore ferito. Quando è nata tutti mi dicevano: “E adesso quando glielo fai un fratellino”? Io rispondevo così: “Ora no, ora non c’è spazio nel cuore di mamma, Sara lo ha impegnato tutto, ha lasciato qualche centimetro solo per il suo papà” (parte significativamente importante della storia). Ecco questo credo significhi che mia figlia abbia salvato la mia fragile esistenza, senza saperlo, senza volerlo, senza che io avessi mai creduto potesse essere così. Mia figlia è nata per amore, è nata da un sogno, ha dato dolore sin dall’inizio per il suo ricovero in TIN, e la nostra separazione a tre giorni dal parto, ma tanto aspettare ha reso il mio vivere con lei molto più gustoso, bello.
Voglio dare coraggio a tutti coloro che vivono questo disagio. La vita riesce a sorprenderti nei modi più impensabili e imprevedibili!!! A me ha aiutato molto anche la mia conversione. Percorrere un cammino di fede che mi ha fatto capire che non sono mai sola, che Dio è nell’aria che respiro, che mi vuole bene NON per come sono, ma semplicemente perché SONO. Mi ha fatto conoscere persone imperfette proprio come me, ma che mi hanno ascoltata e hanno condiviso con me delle esperienze che hanno segnato positivamente la mia vita. Ed è su questo terreno che l’arrivo di mia figlia ha fatto GERMOGLIARE la serenità che mi mancava.
Altro capitolo sono le persone che fanno della solitudine una risorsa, che amano proprio non avere nessuno intorno. Mi sono sempre chiesta come sia possibile!!! Ma il mondo è un acquario pieno di pesci tutti diversi, e va bene così!!! Il mio stupore davanti a questo modo di essere però, non discute che a volte, è proprio nei momenti di solitudine che si cresce e si pensa di più a se stessi, si legge un buon libro, si guarda un bel film, si prega nel silenzio del proprio cuore, si studia, si prepara una sorpresa e tante altre cose costruttive! Ma credo di avere il diritto di pensare che ci vuole moderazione anche in questo.
Io credo che le persone, gli uomini e le donne, sono fatti per condividere, sono nati come esseri sociali, quindi creati per stare insieme, e questo non me lo sono certo inventata io!!! Sia la Bibbia, che molti studi sociologici, antropologici, psicologici lo dimostrano.
L’immagine che ho scelto per questo articolo parla di quanta amarezza io abbia sempre provato nel vedere alcune persone mangiare una pizza da sole ad un tavolo, e vi lascio immaginare come io sia stata male in questo periodo di isolamento causato dal Covid-19. Anche adesso pensare e viver nel distanziamento mi fa stare a disagio, perché io sono per il contatto. Andare al ristorante magari separata da un plexiglas dagli altri, mi fa passare la voglia di andarci. Mi do coraggio ogni giorno, so che finirà ma attendo che la vita sia di nuovo tutta in un abbraccio, TUTTA!!!!!!
Vi lascio con un pezzo dei Subsonica, nato per la perdita di un loro compagno musicista molto importante, assenza che ha creato un grosso vuoto: “Coriandoli a Natale”.
Stefania, che a volte brucia, ma ormai non è più come tempo fa. Grazie alla vita, “grazie Sara, piccola mia”!!!!