“Il troppo stroppia dappertutto”: la dipendenza affettiva.

Oggi cuorEducato scrive di una problema che riguarda e può aver riguardato ciascuno di noi almeno una volta nella propria vita. Voglio precisare che la dipendenza affettiva, non è qualcosa che ha a che fare esclusivamente con le donne. Mi distacco da questo luogo comune. Succede che esistano delle donne con la cosiddetta “sindrome da crocerossina”, ma concedetemi di pensare e di affermare come sempre faccio, che nulla accade per caso e se si instaura una relazione dove una donna sente il bisogno di porsi in questa modalità è anche perché dall’altro lato c’è un’ altra persona con dei meccanismi disfunzionali che innescano e collaborano a una dinamica di coppia “patologica” e diciamo di “codipendenza”.

Anche le persone che appaiono autonome e indipendenti in altre sfere della loro vita,in quella affettiva soprattutto se fortemente coinvolte, possono rivelare delle fragilità inattese. La radice di questa problematica risiede purtroppo in una ferita infantile. Voglio sottolineare che le persone che cadono nella rete frustrante della dipendenza affettiva non sono stati per forza bambini con carenze affettive da parte dei genitori (cosa che comunque a volte accade e ne è la causa), ma anche un eccesso di premura nei genitori e una tendenza ad anticipare in modo ansioso la soluzione ai bisogni di un bambino, potrà portare questo bambino ad avere difficoltà nella relazione di coppia in futuro.

In generale la dipendenza affettiva è collegata alla mancanza di autostima. La dipendenza affettiva somiglia moltissimo alla tossicodipendenza, infatti la persona “amata” diventa una vera e propria droga: quando questa viene a mancare o il solo pensiero che possa venire a mancare provoca in questi soggetti la tendenza a cercare in modo spasmodico e accrescitivo “la dose” proprio come nelle droghe, di quella persona da cui si dipende. Addirittura si soffre di crisi di astinenza anche nelle dipendenze affettive, crisi che poi portano alla ricaduta, il che vuol dire cercare nuovamente il partner pur’essendo consapevoli di quanto ci faccia male.

Esistono veri e propri studi che dimostrano che l’innamoramento attiva alcune regioni del cervello ricche di dopamina (sostanza liberata quando proviamo piacere). Il concetto di piacere è molto importante, perché rappresenta quella spinta che ci porta a cercare così tanto ciò che lo provoca. Quindi cosa succede? La vita inizia a ruotare solo ed esclusivamente intorno a quella persona/sostanza attivando una serie di comportamenti insani: abbandono degli hobby, scarso rendimento lavorativo, isolamento dai familiari e dagli amici, i quali vengono visti come degli “intrusi giudiconi”, mettendo a repentaglio il bisogno di giustificare e proteggere la propria relazione “disfunzionale”. Molto spesso si instaura quindi una sorta di circolo vizioso in cui chi “domina” (il persecutore) giustifica il suo comportamento con la sua buona intenzione, cioè quella di voler proteggere, educare, amare l’altro. L’altro (la vittima) viene vissuto solo come un oggetto da plasmare e ridefinire a seconda dei propri umori e bisogni. La vittima vive la relazione sottomettendosi e sacrificando se stessa pensando che questo sia l’unico modo possibile di amare.

Ecco in questo tipo di relazione bisogna lavorare moto sul senso della misura, sul fare spazio all’altro, altrimenti quest’ultimo verrà visto sempre come oggetto e mai come soggetto. Un oggetto deve solo limitarsi a soddisfare i miei bisogni. In una relazione sana non esiste il rapporto io-tu, ma solo io-quello (dove “quello” è solo uno strumento di soddisfazione del proprio bisogno).

Secondo il fondatore della GestaltFritz Perls, la malattia insorge quando l’organismo resta troppo a lungo in uno stato di squilibrio. Quindi nel caso della dipendenza affettiva, la vittima potrebbe considerarsi immeritevole di amore e cercare di soddisfare ogni bisogno esplicito ed implicito del partner-persecutore. Quindi la vittima si attaccherà alla speranza di una futura ricompensa d’amore, e il persecutore darà sfogo alla sua pulsione di onnipotenza attraverso un controllo eccessivo e spesso paranoico dell’altro. Secondo Perls, ” la guarigione” è possibile solo attraverso un’assunzione dresponsabilità di ciò che stiamo facendo, del modo in cui produciamo i sintomi della nostra “malattia”, ed entriamo in contatto con noi stessi, dando inizio alla crescita.

Una persona che attiverà questo tipo di dipendenza, da bambino avrà vissuto delle emozioni poco considerate dai genitori, che spesso lo avranno fatto sentire un elemento disturbante. Spesso gli avranno detto frasi come: “smettila, non correre, non ti sporcare che ti ho appena cambiato, stai fermo, lo faccio io che tu tanto non ce la fai, sono stanco, non ho tempo per i tuoi capricci, lasciami in pace”. Parole che sembrano non essere molto importanti e voglio sottolineare che qualsiasi genitore, prima o poi, qualche volta le avrà pronunciate. Ma se aggiungiamo a tutte queste parole anche: urla, qualche schiaffo, insulti o peggio ancora INDIFFERENZA, il bambino crederà di non meritare amore e di non andare bene così com’è. Di conseguenza gli altri saranno sempre e comunque MIGLIORI DI LUI. Tutto ciò potrebbe trasformarsi in un terreno fertile per relazioni tossiche e manipolative. Per Perls ognuno di noi non deve aver paura dei propri errori che sono solo modi di fare qualcosa magari di diverso e nuovo in senso, se vogliamo, anche creativo.

Voglio aggiungere un altro particolare interessante di queste relazioni tossiche: la gelosia possessiva . Si cade nell’equivoco per cui la gelosia viene scambiata per amore. Il controllo è un segnale importante per riconoscere la gelosia possessiva e patologica. Cari cuorEducati, chiedo venia se stamattina mi perdo nell’argomentare fino a questo momento, senza mai rivolgervi la parola, ma considero questo articolo davvero molto importante per ciascuno di noi e questo mi fa restare concentrata sul tema. In ogni caso, miei cari voglio portarvi degli esempi per il riconoscimento della gelosia patologica: domande insistenti e inquisitorie, richiesta di foto e video del luogo in cui ci si trova, troppi messaggi anche quando si avvisa l’altro che non è possibile leggere o rispondere, richiesta delle proprie password, innumerevoli chiamate nello spazio di poco tempo (vera e propria molestia ). Dobbiamo prendere coscienza del tipo di relazione che stiamo vivendo prima delle manifestazioni di aggressività al suo interno. Tali manifestazioni si esprimono quando appunto il bisogno arcaico di possesso viene negato. Quindi se una parte della coppia decide di troncare, l’altra lo reputerà qualcosa di incomprensibile, soprattutto se non ci si è mai fermati a fare il punto della situazione (e come al solito la comunicazione è fondamentale). Di conseguenza l’abbandonato potrebbe reagire con aggressività. Il consiglio, che come al solito cuorEducato dà, è quello a questo punto, di non perdersi in inutili spiegazioni, accettare ultimi saluti e appuntamenti, cercare di rabbonire o addirittura rispondere alla rabbia con la rabbia. La distanza è l’unica risposta possibile insieme all’indifferenza.

CuorEducato, in una visione ottimistica (che è quella che di solito preferisce), auspica che il male, se ignorato si allontanerà da solo e si autodistruggerà. Spero di non aver raggiunto nessun cuorEducato facendolo sentire giudicato. Ho cercato di analizzare la questione per aiutare i tanti, i troppi che vivono queste situazioni. Come anni fa qualcuno diceva in uno spot: “se lo conosci lo eviti”.

Vi dirò, anche a me è capitato di vivere una situazione del genere in passato ed è stata davvero dura ma, morale della favola, ho capito che in quella relazione di codipendenza, io ero la vittima consapevole e lo ero talmente, che questa persona che ha divorato la mia vita in quel lungo periodo, è una persona di cui non ho mai voluto parlare quando ho chiesto l’aiuto e il supporto necessario. E’ stato il mio modo di ribellarmi a quella convinzione che lui fosse il mio “centro” e che il solo parlarne lo rendesse ancora una volta il protagonista. Io ho fatto così, ognuno mette in atto le sue strategie per guarirsi. La cosa che sento però di dire è che è fondamentale quando il tutto sfugge di mano, chiedere aiuto ad un professionista. L’autosufficienza è una cosa inutile, direi proprio insulsa in questi casi.

Posto qui un video molto interessante sulle dipendenze che convalida il mio articolo senza parole…un video muto. Seguitelo con attenzione. E vi saluto con un pezzo di Vasco “Il tango della gelosia”, anche un po’ per sdrammatizzare, alleggerirci e perché no, gratificare le nostre orecchie.

Stefania, con cuorEducato, seriamente guarito.

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